“Perché mio figlio vi ha chiamato per un cinghiale ferito e non siete intervenuti?“
A questa domanda si potrebbe rispondere in quattro parole: per via della PSA. Ma sarebbe una risposta insoddisfacente per chi vuole approfondire e capire, perché dietro quella mancata risposta ci sono norme, scelte politiche, tensioni istituzionali, paure legittime e risorse che non abbiamo. E, soprattutto, c’è una questione che ci perseguita ogni giorno: come si può fare la cosa giusta quando non si hanno gli strumenti per farla?
Nel luglio 2023 ricevemmo una comunicazione dalla nostra ASL: ci veniva ordinato di interrompere il soccorso ai cinghiali a seguito della pubblicazione di una nuova ordinanza del Commissario Straordinario per la Peste Suina Africana (PSA). Andammo a leggerla con attenzione: il divieto, in realtà, era espressamente previsto solo per le zone di restrizione di tipo II, nelle quali allora il nostro territorio non ricadeva. Così, decidemmo di interpellare direttamente il Ministero della Salute, con una lettera formale di chiarimento.
richiesta-chiarimento-PSA-cras-territorio-non-interessato
La risposta arrivò rapidamente.
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Fu cortese, ma non priva di paradossi: ci veniva detto, innanzitutto, che la nostra interlocutrice naturale era la nostra ASL. Come spiegare che, per ragioni che non possiamo ancora rendere pubbliche ma che conosciamo bene, i servizi veterinari della nostra ASL non sono collaborativi con Rifugio Miletta? Che erano stati loro a imporci di interrompere il soccorso dei cinghiali nonostante non fosse espressamente vietato nell’ordinanza?
La seconda parte della risposta, però, era più promettente: in linea di principio, i C.R.A.S. possono soccorrere cinghiali feriti, purché il soggetto non mostri sintomi compatibili con la PSA, certificati dal veterinario ASL di turno, e che vengano rispettate rigorose misure di biosicurezza, compresa una quarantena adeguata.
Bene, ci dicemmo. Ma come?
Per tentare di evitare che ci accadesse quello che è successo al Rifugio Progetto Cuori Liberi — un blitz mattutino e nove animali ammazzati nel nome della sicurezza alimentare — a Rifugio Miletta abbiamo già adottato, dal 2023, misure rigorose di biosicurezza: doppia recinzione, igienizzazione, zone filtro. Ma non è abbastanza. Per continuare a soccorrere i cinghiali senza mettere a rischio gli oltre 80 suidi che già vivono nel nostro santuario, servirebbe:
- Un mezzo di soccorso dedicato esclusivamente ai cinghiali
- Volontari dedicati solo a loro, che non entrino mai nel rifugio principale
- Una sede staccata, distante almeno 20 km, con almeno:
- una stanza per i volontari
- una per lo stoccaggio del cibo
- un locale per i disinfettanti
- almeno quattro box di isolamento per la quarantena
Chiedetevi: dove troviamo le risorse per tutto questo, quando già non riusciamo a sostenere le attività che svolgiamo ogni giorno?
“Fate una raccolta fondi!“, suggerisce qualcuno, dimenticando che ne facciamo in continuazione, e non bastano neppure per coprire le spese ordinarie.
Nel frattempo, le ordinanze cambiano, ma raramente migliorano. L’ultima — l’Ordinanza 5/2024 del Commissario Straordinario PSA, prorogata fino al 15 giugno 2025 — afferma al punto 6:
“In caso di segnalazione di cinghiale malato o moribondo i Centri di recupero animali selvatici (C.R.A.S.) devono contattare immediatamente l’ACL ai fini dell’abbattimento, dell’esecuzione dei test diagnostici e dello smaltimento delle carcasse ai sensi del regolamento (CE) 2009/1069.”
Paradossalmente, questo implica che un cinghiale non malato né moribondo — ad esempio investito ma lucido, o caduto in un canale — potrebbe teoricamente essere recuperato da un C.R.A.S., ma sempre a patto di avere una sede separata per la quarantena. Una sede che non esiste.
Intanto, cosa accade ai cinghiali nel nostro territorio? Se vengono segnalati feriti, interviene il veterinario ASL di turno, che pratica l’eutanasia.
C’è qualcosa di profondamente sconfortante in tutto questo. Non solo per l’animale che non possiamo soccorrere, ma per la sensazione costante che si stia giocando una partita in cui si è condannati a perdere comunque. Che senso ha l’empatia, se non trova un modo per concretizzarsi? Che senso ha la legge, se non riesce a contemplare l’eccezione che salva una vita?
Qualcuno penserà che sia tutto molto complicato… e ha ragione. Serve intelligenza, competenza, coordinamento e volontà politica per affrontarla. Elencare i problemi è facile, affrontarli è il compito che ci attende, se riusciamo a trovare abbastanza aiuti per essere un po’ meno operativi così da avere tempo da dedicare anche ad altre attività, sempre per gli animali.
Se qualcuno ha proposte intelligenti, realizzabili, sostenibili nel tempo, per costruire una sede separata, formare e coordinare una squadra di soccorso esclusiva per i cinghiali, che sia operativa 24 ore su 24… ci scriva. Saremo i primi a voler tornare ad aiutare anche loro.
Ma non ci chiedete perché non lo facciamo già… La risposta è semplice: la soluzione è molto più grande di noi, per ora.












